Rapporto genitori figli
Rapporto genitori figli: madre ostacola per mesi rapporti padre-figlio
Rapporto genitori figli: madre affidataria ostacola per mesi i rapporti padre-figlio, anche con false denunce. Condannata a risarcimento.
Tribunale di Roma – Sezione I Civile
Sentenza 3 settembre 2011 [ Rapporto genitori figli ]
FATTO E DIRITTO
L’attore agisce in giudizio onde ottenere il risarcimento del danno da lui patito a seguito del comportamento del proprio coniuge. [ Rapporto genitori figli ]
Allega quanto segue:
– di avere contratto matrimonio nel 2000 e che, ben presto, evidenziatesi le inconciliabilità tra gli opposti caratteri dei coniugi, la vita familiare era divenuta insostenibile;
– che nell’aprile 2002 la moglie, a sua insaputa, presentava un ricorso dinanzi al tribunale per i minori chiedendo un provvedimento ablativo della potestà genitoriale e che tale procedimento, in considerazione del fatto che non erano emersi motivi che potevano indurre il tribunale ad emettere provvedimenti relativi alla potestà, si chiudeva con la declaratoria di non luogo a procedere essendo pendente il procedimento di separazione introdotto dal marito;
– che dopo l’ emissione dei provvedimenti presidenziali, resi nel 2002, in sede di separazione, la ricorrente, affidataria del figlio, poneva ogni ostacolo alla frequentazione padre – figlio e che, per tale motivo, il giudice istruttore disponeva l’ intervento dei servizi sociali che accertavano, come risulta dalla loro relazione inviata il 10 marzo 2003 al tribunale, la scarsa disponibilità della moglie a far vedere il figlio al marito;
– che il 31 agosto 2005 la D. sporgeva denuncia dinanzi ai carabinieri riferendo di comportamenti disdicevoli perpetrati dal marito e dalla sua nuova compagna verso il figlio;
– che a seguito di tale denunzia iniziava un procedimento penale nei suoi confronti per atti di pedofilia nei confronti del figlio;
– che il pubblico ministero, dopo aver fatto esperire ad un proprio consulente approfondite indagini, chiedeva l’ archiviazione del procedimento, richiesta accolta dal GIP;
– che la frequentazione con il figlio era stata frammentaria e discontinua e che per il comportamento della moglie egli era stato privato del proprio diritto a vivere la sua genitorialità essendo stati dalla donna sempre ostacolati, senza mai dare alcun segno di resipiscenza, i suoi incontri con il figlio.
Tali allegazioni trovano puntuale riscontro negli atti di causa e impongono, per le considerazioni che seguono, l’ accoglimento della domanda dovendosi ritenersi provato, inconfutabilmente, il comportamento illecito della convenuta nei confronti del proprio coniuge, comportamento che è stato causa di danno al predetto. [ Rapporto genitori figli ]
Orbene, ricostruendo lo svolgimento dei rapporti tra le parti si evidenzia che, già nel marzo 2003, i servizi sociali – interpellati da questo tribunale a seguito di ricorso per modifica dei provvedimenti presidenziali introdotto dal padre, che lamentava l’ impossibilità di incontrare il figlio per ostacoli frapposti dalla madre e chiedeva, quindi, l’ affidamento esclusivo del figlio – mettevano in evidenza la scarsa disponibilità della D. nel permettere gli incontri padre – figlio e la contraddittorietà dei suoi comportamenti in quanto la donna, da un lato, esprimeva dubbi sulle capacità genitoriali del marito, tanto da fare per ben due volte ricorso al Tribunale per i minorenni onde ottenere la declaratoria di cessazione della potestà genitoriale del padre, e dall’ altro avvertiva la necessità che il padre potesse essere più vicino nella vita quotidiana del bambino. [ Rapporto genitori figli ]
Successivamente, non essendo riuscita con il ricorso al Tribunale per i minorenni ad ottenere un provvedimento ablativo della potestà, percorreva la strada del processo penale e il 31 agosto 2005 sporgeva nei confronti del marito la gravissima denunzia di violenza sessuale verso il figlio e chiedeva e otteneva l’ immediata interruzione di ogni rapporto tra i due. Tale denunzia si rivelava del tutto infondata e, con una provvedimento del 27 gennaio 2006, il P.M. presso il Tribunale di Roma chiedeva l’ archiviazione del procedimento dopo avere esperito approfonditi atti di indagine ed, in particolare, aver dato incarico di consulenza alla neuropsichiatra infantile dottoressa A.G. e fatto effettuare specifici test (tra cui il R.).
Metteva in evidenza il P.M., le preoccupanti perplessità che gli esiti dell’ indagine destavano e, in particolare, “la reazione della famiglia di Ma. (da parte di madre) che invece di accogliere lietamente (sia pure con ogni ragionevole cautela) gli esiti processuali, ha ostentato malcelata incredulità nei confronti di dette risultanze … manifestando assoluto disinteresse in ordine alle reali cause che hanno contribuito a determinare il malessere di M.”; osserva ancora il P.M. che se tale atteggiamento può essere giustificato in un’ottica strettamente tecnica e difensiva “nessuna giustificazione può essere addotta in relazione al comportamento di chi, con il proprio atteggiamento, ha contribuito a determinare – si auspica inconsapevolmente – la situazione oggi al vaglio del giudice penale, senza assolutamente tenere conto delle conseguenze devastanti che tale atteggiamento potrà in futuro ricadere sull’esistenza di M.”. [ Rapporto genitori figli ]
Nel decreto del P.M. si legge che il bambino da circa cinque mesi non poteva vedere né sentire telefonicamente padre.
La D. non paga delle motivazioni del P.M. proponeva opposizione alla richiesta di archiviazione, opposizione però rigettata l’ 11.10.2006 dal GIP.
I sentimenti che la donna nutriva nei confronti del marito, difficilmente inquadrabili con chiarezza ma sicuramente molto contrastanti tra loro, non le consentivano di far vivere all’ uomo una relazione serena e appagante con il figlio, tant’ è che successivamente, nel corso del processo di separazione, il G.I., con provvedimento del 27 giugno 2007, avvertiva la necessità di effettuare una verifica in ordine alla situazione psicofisica del minore “visite le relazioni dei servizi affidatari che lamentano difficoltà nel loro ufficio a causa degli atteggiamenti ostativi della madre, che lungi dall’ avere preso coscienza dell’ oggettiva situazione di sofferenza psichica in cui versa il minore, persevera nella sua condotta contraria all’ interesse del figlio”.
A distanza, quindi, di otto mesi dal provvedimento del gip e di diciotto mesi da quello del P.M. nulla era cambiato nel comportamento della madre che insisteva con pervicacia a ostacolare i rapporti padre – figlio. [ Rapporto genitori figli ]
In tale situazione, non v’ è chi non veda che la condotta della D. reiterata nel tempo si sostanzia in una patente e gravissima compromissione dei rapporti affettivi del padre verso il figlio minore, attraverso l’ interruzione di ogni apprezzabile relazione per un lungo periodo. Tutto ciò integra, senza alcun dubbio, la lesione del diritto personale del N. alla genitorialità, diritto costituzionalmente garantito a norma degli artt. 2 e 29 della Cost. avendo comportato nell’ uomo, come peraltro evidenziato dagli innumerevoli ricorsi da lui proposti al giudice, una forte sofferenza per non avere potuto assolvere – e non per sua volontà – ai doveri verso il figlio e per non aver potuto godere della presenza e dell’ affetto del piccolo.
[ Rapporto genitori figli ] Sicuramente responsabile di ciò, alla luce delle risultanze processuali, è da ritenersi la resistente che, con il suo ostinato, caparbio e reiterato comportamento, cosciente e volontario, è venuta meno al fondamentale dovere, morale e giuridico, di non ostacolare, ma anzi di favorire la partecipazione dell’ altro genitore alla crescita ed alla vita affettiva del figlio causando all’ attore, che con questo processo ne chiede il ristoro, un danno non patrimoniale da intendersi nella sua accezione più ampia di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica. Poiché, però, tale tipo di pregiudizio sfugge, per il suo stesso contenuto, ad una precisa valutazione, esso va congruamente determinato facendo uso di criteri di carattere equitativo, pur ancorati a parametri razionali, che possono essere in concreto individuati, nella fattispecie qui in esame, in base alla gravità dei fatti, alla lunga durata temporale degli stessi, ai rapporti tra le parti e alla loro personalità, età e condizione socio – culturale.
Sulla base dei parametri elencati, ed eseguendo un opportuno bilanciamento tra gli elementi raccolti, si ritiene che possa essere liquidato in via equitativa all’ attore un risarcimento che si determina all’ attualità nella somma di Euro 50.000,00.
Tale somma è produttiva di interessi a far data dalla presente decisione.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. [ Rapporto genitori figli ]
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Madre ostacola la frequentazione del figlio col padre, perché non ha ricevuto assegno di mantenimento. Condannata per tentata violenza.
Cassazione penale – Sez. VI
Sentenza 8 luglio 2009, n. 27995 [ Rapporto genitori figli ]
1 – Il Tribunale di Agrigento, sezione di Canicattì, con sentenza 22/3/2005, dichiarava L.F. colpevole del reato di cui all’ art. 388 c.p. (per avere eluso il provvedimento del giudice civile in ordine all’ affidamento del figlio minore A., impedendo al padre, G. L., di tenerlo con sé nel periodo stabilito) e la assolveva dal reato di tentata violenza privata (per avere tentato di costringere il marito, con la minaccia di non fargli vedere il figlio, a corrisponderle l’ assegno mensile stabilito in sede di separazione) perché il fatto non sussiste. [ Rapporto genitori figli ]
2 – La Corte d’Appello di Palermo, investita dai gravami dell’ imputata e del P.G., con sentenza 23/11/2005, riformando in parte la decisione di primo grado, dichiarava la F. colpevole anche di tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 393 c.p.), cosi qualificata l’ originaria imputazione ex artt. 56-610 c.p., unificava i due reati sotto il vincolo della continuazione, rideterminava la pena, tenuto conto delle già concesse attenuanti generiche, in giorni venti di reclusione, sostituiti con euro 760,00 di multa, e confermava nel resto la pronuncia impugnata.
3 – Ha proposto ricorso per cassazione l’ imputata, lamentando la violazione della legge penale e il vizio di motivazione: a) quanto al reato di cui all’ art. 388 c.p., ha stigmatizzato lo scarso interesse del L. ad intrattenere rapporti significativi col figlio, tanto che quest’ ultimo, a lei affidato, non aveva dimostrato alcuna disponibilità ad allontanarsi dal suo ambiente abituale, sicché la scelta da lei fatta era stata determinata dalla sola ragione di evitare un trauma al bambino; b) quanto al reato di cui agli artt. 56-393 c.p., nessuna prova affidabile era stata acquisita. [ Rapporto genitori figli ]
Il ricorso non è fondato.
Rileva la Corte, in ordine alla prima doglianza, che l’ elusione dell’ esecuzione del provvedimento giurisdizionale adottato in sede di separazione dei coniugi si realizza anche attraverso la mancata ottemperanza al provvedimento medesimo. “Eludere”, infatti, significa frustrare, rendere vane le legittime pretese altrui e ciò anche attraverso una mera omissione, che, nella specie, è consistita nel rifiuto della F., alla quale era affidato il bambino, di far sì che lo stesso trascorresse col padre il periodo di vacanza prestabilito. L’ asserito esercizio del diritto-dovere di avere agito esclusivamente nell’ interesse del minore, che avrebbe manifestato indisponibilità ad allontanarsi, sia pure temporaneamente, dal suo ambiente abituale, è rimasto indimostrato. Non va, peraltro, sottaciuto che rientra nei doveri del genitore affidatario quello di favorire, a meno che sussistano contrarie indicazioni di particolare gravità, il rapporto del figlio con l’ altro genitore, e ciò proprio perché entrambe le figure genitoriali sono centrali e determinanti per la crescita equilibrata del minore. L’ ostacolare gli incontri tra padre e figlio, fino a recidere ogni legame tra gli stessi, può avere effetti deleteri sull’ equilibrio psicologico e sulla formazione della personalità del secondo. [ Rapporto genitori figli ]
Non risulta che la F. si sia mossa nella direzione che il suo dovere di madre, a prescindere da spinte egoistiche, le imponeva a tutela della posizione del figlio, né risulta una situazione che rendeva impraticabile l’ affidamento, sia pure temporaneo, del minore al padre, situazione che, peraltro, se reale, avrebbe dovuto essere rappresentata tempestivamente alla competente Autorità Giudiziaria per gli opportuni provvedimenti.
La seconda censura è assolutamente generica e non idonea a porre in crisi gli argomenti che il Giudice a quo ha posto a base del ritenuto reato di cui agli artt. 56-393 c.p., provato dalla precisa e attendibile testimonianza del L., destinatario della telefonata ricattatoria da parte della moglie, che, per indurlo a rispettare più puntualmente i suoi obblighi di natura economica, aveva minacciato di ostacolare in ogni modo gli incontri tra padre e figlio, circostanza quest’ ultima che rappresenta – tra l’altro – una ulteriore conferma della fondatezza del primo capo d’accusa.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Consegue, di diritto, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. [ Rapporto genitori figli ]
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